CREDITI D’IMPOSTA INESISTENTI E NON SPETTANTI: nuove definizioni e sanzioni

CREDITI D’IMPOSTA INESISTENTI E NON SPETTANTI:

nuove definizioni e sanzioni

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato un importante atto di indirizzo che chiarisce la distinzione tra crediti d’imposta inesistenti e non spettanti. Questa distinzione è cruciale per le imprese, poiché incide sui termini di recupero da parte dell’Amministrazione finanziaria e sulle sanzioni applicabili, sia amministrative che penali.

Le nuove definizioni, introdotte dal decreto legislativo n. 87 del 2024, sono valide sia in ambito penale che amministrativo, ponendo fine a diverse interpretazioni giurisprudenziali del passato.

La nuova normativa definisce un credito d’imposta come “inesistente” in due casistiche principali:

  • Mancanza di requisiti: Se mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificati dalla normativa. I presupposti possono riguardare sia il soggetto che usufruisce dell’agevolazione sia l’oggetto stesso.
  • Rappresentazioni fraudolente: Se i requisiti sono oggetto di “rappresentazioni fraudolente”, attuate con documenti falsi, simulazioni o artifici.

A differenza del passato, questa definizione non tiene più conto della possibilità di rilevare l’inesistenza del credito tramite controlli automatici o formali. Le sanzioni per l’utilizzo di crediti inesistenti variano in base alla natura dell’inesistenza, potendo arrivare a una sanzione amministrativa del 70% dell’importo del credito, che può essere aumentata dalla metà al doppio in caso di frode.

Il credito d’imposta viene considerato “non spettante” in tre diverse situazioni:

  • Difetto di adempimenti amministrativi: L’utilizzo del credito avviene in assenza di adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza.
  • Violazione delle modalità di utilizzo: L’uso del credito avviene in violazione delle modalità previste dalle leggi vigenti o in misura superiore a quella stabilita dalle norme. Questo include, ad esempio, la fruizione in un’unica soluzione anziché in quote annuali, o l’utilizzo per compensare debiti non previsti dalla norma.
  • Difetto di elementi o qualità: Se, pur in presenza dei requisiti oggettivi e soggettivi, il credito si basa su fatti non rientranti nella disciplina per un “difetto di ulteriori elementi o particolari qualità”. Questa tipologia riguarda spesso i crediti per ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e innovazione estetica.
  • Sanzioni penali: reclusione da 1,5 a 6 anni per crediti inesistenti oltre 50.000 euro; da 6 mesi a 2 anni per crediti non spettanti. ​
  • Sanzioni amministrative: 70% dell’importo per crediti inesistenti; 25% per crediti non spettanti.

La normativa ha anche uniformato e sistematizzato la disciplina per il recupero dei crediti. Per i crediti inesistenti, l’atto di recupero deve essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo all’utilizzo. Per i crediti non spettanti, il termine è ridotto al quinto anno successivo.

Un’importante novità riguarda la possibilità per le imprese di ottenere una “certificazione” da soggetti qualificati che attesti la compatibilità degli investimenti con i benefici fiscali. Tale certificazione, se rilasciata su una corretta rappresentazione dei fatti, ha effetti vincolanti per l’Amministrazione finanziaria. Atti impositivi o sanzionatori che contestino il credito unicamente sulla qualificazione dell’investimento sono considerati nulli.

Leggi il testo completo dell’Atto di Indirizzo

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